L'inchiesta
- La partecipazione sul lavoro
Il concetto di partecipazione così come viene
tradizionalmente inteso non è più significativo per i
giovani. Tant'è che le persone si coinvolgono molto sul lavoro
soprattutto nella misura in cui hanno la percezione e la possibilità
concreta di realizzare, gestire, organizzare in maniera autonoma la
propria attività o di incidere sulle decisioni che vengono prese.
L'impegno personale e la responsabilità personale sono
gli elementi considerati fondamentali per la buona riuscita del lavoro,
ne consegue che l'impegno e la partecipazione sul lavoro sono vissuti
soprattutto nello svolgere bene le proprie mansioni.
Spesso però le condizioni di incertezza e precarietà del
lavoro non stimolano i giovani a vivere attivamente il lavoro e sul
posto di lavoro. Inoltre l'aspirazione all'ottenimento di contratti
di lavoro più regolari fa si che i giovani siano, da una parte,
disposti ad accettare le più diverse condizioni e formule di
lavoro con la speranza di essere valorizzati o regolarizzati, dall'altra,
nel momento in cui tale attesa è disillusa o si protrae nel tempo,
rischia di far disaffezionare il lavoratore al proprio lavoro facendogli
vivere un'esperienza di scarsa assunzione di responsabilità nel
"processo produttivo". La precarietà di un lavoro rischia
di giocare a sfavore delle stesse imprese in quanto il giovane è
motivato a vivere con leggerezza e mancanza di responsabilità
il lavoro.
Di fronte ai problemi di lavoro i giovani tendono a non parlarne con
persone "competenti" con le quali provare a risolvere il problema
(solo l'1,8% ne parla con il delegato sindacale). Infatti, secondo gli
intervistati, i tre soggetti che promuovono maggiormente gli interessi
dei giovani lavoratori sono la famiglia per il 76,6%, gli amici per
il 57,9% e le associazioni per il 55,2%. I problemi di lavoro si portano
fuori dal luogo di lavoro, nella cerchia degli affetti, evidentemente
più che altro per condividerli o per cercare consolazione più
raramente per affrontarli e superarli.
Questi giovani quindi sono "soli" e senza grandi strumenti
nell'affrontare i problemi, se non l'appoggio delle famiglie anch'esse
prive, nella maggioranza dei casi di strumenti culturali e sociali idonei.
Dall'inchiesta emerge però con forza il desiderio di organizzarsi
con altri per risolvere i propri problemi e si intuisce questa come
la via più efficace, però si ha uno scarsissimo interesse
verso le attuali e classiche modalità partecipative. Fra 5 anni
questi giovani si vedono coniugati, responsabili del lavoro di altri
e impegnati in associazioni di volontariato, mentre non figurano fra
le prospettive a medio periodo quella di assumersi delle responsabilità
in ambito sindacale (la più snobbata) e in ambito politico (impegnato
in comitati di quartiere o in ambito politico). Circa le ragioni per
cui l'85,5% dei giovani non e' iscritto al sindacato si possono
far rientrare in due ampie categorie: la lontananza e l'inutilità.
Paradossalmente pero' più della metà dei giovani afferma
che senza il sindacato le cose in questo paese andrebbero peggio. Quindi
i giovani riconoscono un elevato valore ''ideale'' al sindacato come
istituzione, tuttavia il sindacato-associazione esercita uno scarsissimo
fascino su di loro.
E' anche vero che di fronte alle nuove condizioni di lavoro, fatte da
una pluralità di rapporti di lavoro, di contratti, di tutele,
la mancanza di relazioni stabili e forti fa sperimentare alle persone
l'isolamento, l'impotenza, l'individualismo, la rassegnazione. Viene
meno il bisogno di rivendicare per cambiare e soprattutto si cerca di
fare da sé e non si sperimentano strade per uscire dai problemi
insieme ad altri. Il 32,6% ha indicato nella concertazione delle parti
sociali la modalità più efficace per la risoluzione dei
problemi sociali. La flessibilità ha ampliato lo spazio della
contrattazione individuale e quindi ha lasciato i lavoratori soli davanti
alle imprese rafforzando la solitudine del lavoratore davanti al datore
di lavoro e rendendolo una singolarità di fronte al sistema impresa
e alle leggi di mercato, in un mondo del lavoro in continua evoluzione,
confusione e in assenza di leggi di riferimento.
Accanto alle forme tradizionali di partecipazione si stanno diffondendo
altre forme di organizzazione del lavoro, come la cooperazione
e l'imprenditoria giovanile che richiedono un approccio al lavoro in
cui le dimensioni della partecipazione e della responsabilità
vengono fortemente accentuate. Oggi la cooperazione è un settore
del mondo del lavoro in forte espansione, molto variegato al suo interno,
che incrocia la vita di molti giovani lavoratori che in alcuni casi
si trovano a vivere esperienze di lavoro di profonda ingiustizia ma
spesso anche di qualità e partecipazione.
L'avventura dell'imprenditoria è a volte intrapresa dai
giovani con incoscienza e inesperienza, motivata dall'essere intesa,
in molte realtà d'Italia, come l'unica soluzione alla disoccupazione
o al lavoro precario ma non sufficientemente accompagnata da un'adeguata
formazione e valutazione dei rischi. D'altro canto si configura come
una forma di lavoro, molto più diffusa che in passato, in cui
il senso di partecipazione e la capacità di assumere dei "rischi
positivi" in prima persona consente al giovane di cogliere e vivere
il lavoro con protagonismo.
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