L'inchiesta
- Dentro i lavori Dall'inchiesta emerge che si trovano in posizione contrattuale non regolare e in nero il 25,3% dei giovani, condizione diffusa sull'intero territorio nazionale (non solo il sud ma anche altre regioni, ad esempio il nord-ovest, sembrano privilegiare formule di irregolarità assoluta) e che coinvolge tutti i grandi settori produttivi. Il lavoro nero, inoltre, precursore di tutti i lavori flessibili e deregolati, sta passando da una situazione momentanea e transitoria di ingresso verso il lavoro regolare ad una situazione stabile ed irrinunciabile. Inoltre più di un terzo del campione ha cambiato più di tre posti di lavoro, segno di un'attività lavorativa basata su molteplici sperimentazioni e percorsi. Per quanto riguarda l'organizzazione del lavoro, il 56,5% afferma che le proprie capacità nel lavoro sono utilizzate solo in parte, inutilizzate in larga misura o totalmente inutilizzate; i giovani percepiscono che hanno scarse opportunità di incidere personalmente sulle decisioni e che, anzi, i cambiamenti incontrano generalmente resistenze; sono poco soddisfatti per le opportunità che vengono loro offerte non solo in termini economici (a fronte di molte ore di straordinari il 74,7% dichiara di percepire salari inferiori a 2 milioni), ma anche in termini di riconoscimento per il lavoro svolto, per le prospettive di avanzamento di carriera, fattori questi che incidono pesantemente sulla realizzazione personale. Lo stipendio e il reddito sono infatti al primo posto tra le cose più importanti sul lavoro ma, se si sommano la prima e la seconda scelta, "la possibilità di imparare cose nuove ed esprimere le proprie capacità" supera anche quella di poter migliorare il reddito e il tipo di lavoro e i buoni rapporti con i compagni. Infatti si osserva che, nel momento in cui il lavoro svolto consente alla persona di realizzarsi o di intravedere un futuro professionale migliore, si è disposti ad accettare un corrispettivo economico più ridotto, mentre quando le condizioni lavorative sono ostili, la soddisfazione economica diventa predominante. Altre condizioni di lavoro contribuiscono sicuramente ad aumentare un senso di incertezza e di impotenza nel vivere in una dimensione più progettuale il proprio lavoro. Un esempio è dato dalla flessibilità e dinamicità di molti lavori in cui sottile è il confine con la precarietà e l'insicurezza, che spesso si estendono alle altre dimensioni della vita. Tali condizioni, da una parte rendono più difficoltosa la rilettura della vita lavorativa e la possibilità di intravedere una prospettiva professionale, dall'altra, non incoraggiano i giovani a sognare e progettare un futuro migliore ed a riconoscere nel proprio lavoro un'esperienza di senso nella propria vita, attribuendogli un valore di crescita personale o una valenza sociale. In una stagione in cui si parla di formazione permanente e di rapidi cambiamenti non solo rispetto al posto di lavoro ma anche rispetto alle competenze e alle professionalità, si corre il rischio che i giovani a bassa scolarità siano i primi esclusi dal mercato del lavoro in evoluzione. Per un giovane che cambia sovente lavoro o mansione oppure che vive lunghi periodi fuori dal mondo del lavoro diventa sempre più arduo possedere e vivere tali requisiti, eppure il 67,9% dei giovani non sta frequentando alcun corso di formazione sia perché non viene garantita la possibilità di formarsi (nel corso dell'esperienza lavorativa e nelle fasi di transizione) sia perché molti non ricercano tale opportunita'. Esistono dunque rispetto al lavoro delle aspirazioni molto più alte, che spesso sono frustrate dalle cattive condizioni e che probabilmente sono scarsamente percepite all'esterno e di conseguenza poco valorizzate. Tuttavia, se i problemi delineati farebbero ipotizzare una visione critica o una diffusa insoddisfazione nei confronti del proprio lavoro, dall'inchiesta emerge invece che in generale si ha una visione positiva del proprio lavoro, anche da parte di coloro che hanno una posizione contrattuale non in regola o in nero, ma che nel lavoro hanno vissuto la prima forma di riscatto sociale. Incuriosisce il fatto che se il 79,1% dei giovani pensa che fra 5 anni la propria situazione lavorativa sarà migliore, in realtà molto pochi si stanno attrezzando per affrontarla e realizzarla. Infatti, concretamente, il 53,4% non sta cercando una migliore occasione di lavoro né si sta dando strumenti adeguati. C'è da chiedersi se sia il carattere di provvisorietà e crisi del mondo del lavoro a far apparire accettabile e persino soddisfacente alcune situazioni lavorative senza tendere ad una prospettiva di miglioramento o se ci si trovi di fronte ad una generazione non pienamente cosciente dei propri diritti e della possibilità di migliorare la propria condizione. Sicuramente accanto ad un approccio strumentale emerge che il lavoro, anche se a bassa qualifica, permette ai giovani di realizzarsi, di sentirsi utili e responsabili, restituisce dignità soprattutto a chi a scuola ha registrato insuccessi. Sulla soddisfazione sul lavoro incidono grandemente la qualità delle relazioni che si instaurano con i colleghi e con i superiori, segno questo che il lavoro, pur nella frammentarietà e flessibilità, è uno degli ultimi luoghi sociali significativi rimasti. |
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