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E’ il 1978 quando George Romero dà alla luce la sua seconda creatura: “L’ alba dei morti viventi”. Considerato - spesso banalmente - un convenzionale film dell’ orrore con una crudezza spinta all’eccesso, in realtà è una lucida visione della società dei consumi americana.
Il racconto assume dal principio toni apocalittici: l’umanità sta soccombendo di fronte ad un epidemia che impedisce ai morti di riposare in pace e li costringe a ritornare per nutrirsi di carne umana. Quattro superstiti si rifugiano in un centro commerciale ma qui dovranno fronteggiare non solo gli zombi che istintivamente e inspiegabilmente si dirigono nel luogo, ma anche i loro più oscuri desideri.
Cupo, violento e sanguinario il film si presta a differenti gradi di lettura e straordinariamente con il passare del tempo acquista sempre maggiore profondità come solo i veri capolavori sono capaci di fare. La critica non è più solo della soscietà americana ma aquista un livello cosmopolita che (ri)scopre contraddizioni e inquietanti propettive per il futuro. In conclusione: una dura iniezione di consapevolezza che tutti – amanti e non del genere – dovremmo concederci.
Si racconta che quando Socrate andava per le strade di Atene,
dove c'erano delle botteghe, veniva avvicinato dai venditori che gli
chiedevano se voleva qualcosa, lui rispondeva:
"no, sto solo osservando quante cose esistono di cui non ho bisogno
per essere felice”.
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