Unione europea, unione monetaria, unione civile, unione politica? Da una parte c’è la percezione che ormai la cosa sia fatta, dall’altra a volte ci si scontra con le lacune ancora da colmare, incapacità di reagire in modo compatto a livello politico, intoppi burocratici. È una priorità culturale o questIone di tempo? Il dubbio rimane: l’Europa Unita è ancora solo un’entità nelle teste di intellettuali, politici, visionari o comincia a diventare realtà anche per la gente comune?

Sentirsi europei è la regola, chiunque dicesse il contrario si sentirebbe per lo meno fuori luogo. Viaggiare senza passaporto, avere una moneta unica, l’abbattimento delle frontiere fa sentire tutti parte di una realtà grande, forte, nuova. Tuttavia, nei fatti viene da chiedersi se sia tutto così vero. Certo, per i giovani le possibilità di mobilità si moltiplicano, dallo studio all’estero alle occasioni di scambio tra studenti. Anche i comuni attivano progetti di conoscenza della cultura europea, attività multiculturali per giovani e studenti.

A livello istituzionale, però, il quadro non sembra ancora così unitario. Non si percepisce una vera politica comune e nei momenti di crisi questo è stato ancora più evidente. Anche la tanto decantata mobilità lavorativa sembra ancora piuttosto lontana: se il lavoratore è tutelato ovunque vada, almeno sulla carta, difficile risulta parificare titoli di studio e competenze in sistemi scolastici ancora molto differenti. E non è facile immaginare che cosa significherà quando a voler far riconoscere i propri percorsi scolastici saranno i ragazzi dell’Europa dell’Est. Insomma, se molto si è già fatto, ancora molto c’è da fare perché i cittadini diventino davvero cittadini europei, soprattutto se si pensa ai giovani lavoratori, che più difficilmente possono fare esperienze di incontro con culture diverse. Per molti, infatti, è già difficile pensare ai confini del proprio quartiere e sentire un’identità che vada oltre quella della propria città.

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