Ricordo di don Michele Do
Torino, 21 novembre 2005
Il profeta solitario della Val d’Ayas
Nel lontano 1945 il giovane prete Michele Do, nato a Canale nella diocesi di Alba, si ritira solitario a Saint-Jacques un paesino nel punto più alto della Val d’Ayas.
Sono diversi i motivi di questa sua scelta, compreso quello di non essere stato capito dal suo vescovo e dalla sua chiesa. Ma il motivo principale è il suo essere braccato dalla sete insaziabile di Dio. Dimensione che abiterà come “tormento" tutta la sua esistenza. Diceva a questo riguardo: “Dio non l’ho trovato e non si trova nei libri – lui insegnava nel seminario di Alba – lo si trova nella vita della gente, nella storia e negli eventi quotidiani".
Così si ritirò lassù e vi rimase per 60 anni, fino alla morte, lui il profeta solitario. Non è mai uscito in pubblico, ha sempre sfuggito la celebrità, fosse anche quella profetica: la sua struggente passione fu la ricerca di Dio, questione che lo ha reso inquieto per tutta l’esistenza, cercatore con tutti coloro che si sentono pellegrini, senza verità prefabbricate, in cerca di senso.
Chi lo ha voluto incontrare ha dovuto scegliere di salire lassù per conoscerlo direttamente e non per sentito dire. A questo uomo di Dio, ora che per lui i tempi si sono compiuti, gli si addicono bene le parole di Gesù riguardo a Giovani Battista: «Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù cominciò a dire alla folla riguardo a Giovanni: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? E allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano vesti sontuose e vivono nella lussuria stanno nei palazzi dei re. Allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, e più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: Ecco io mando davanti a te il mio messaggero, egli preparerà la via davanti a te» (Lc. 7,24-27).
Negli ultimi tempi della sua vita era entrato in un clima di profonda pace. Ad alcuni amici diceva: “Adesso sono in pace", e poi passandosi la mano sul viso a mo’ di togliere il sudore aggiungeva: “Ma che fatica arrivare fin qua!".
Per noi della GiOC, don Michele Do è stato una presenza importante, un riferimento che ha segnato ed arricchito il cammino di fede della nostra esperienza.
Don Michele è stato un testimone vero, appassionato della novità del Vangelo in questo nostro tempo, capace di una ricerca continua della fede più profonda, più autentica. Una persona che più che dare risposte ha sempre posto domande difficili, interrogativi grandi.
Lo stile con cui ha vissuto il suo ministero lo ha reso una persona fuori dal comune nella società di oggi: discreto, lontano da ogni forma di popolarità, fedele ad una vita semplice, per la maggior parte trascorsa ad oltre 1.700 metri in una baita di montagna.
Vogliamo ricordarlo attraverso alcune sue riflessioni raccolte dal dialogo avuto con Padre Vivarelli al campo estivo del 1992 “Il lievito nella pasta: essere militanti nella GiOC", che più e meglio delle nostre parole esprimono la profondità della sua figura.
In quella occasione don Michele ci richiamava alla necessità di partire dalla nostra interiorità, che non era però una fuga nell’intimismo, una spiritualità che non si assume le responsabilità della storia: «Il punto di luce, di ancoraggio di tutto è dentro di te, per cui scava dentro di te. Quando Gesù commenta la parabola del seminatore ai suoi discepoli, a proposito del seme caduto sui sassi, dice una cosa che è sconcertante: “non avendo radice in se stesso, si seccò" (Mc. 4,6). Sembra strano: dove può avere le radici se non in se stesso? Eppure non è caso, perché se noi c’interroghiamo e guardiamo con sincerità dentro di noi, quante radici fuori di noi stessi scopriamo… E non sempre le abbiamo nelle figure alte e luminose; abbiamo una personalità prefabbricata da tutto quello che c’è attorno: la pubblicità, i mezzi di persuasività occulta e quante altre cose. L’esperienza religiosa più autentica e pura ci dice di rientrare dentro di noi, in quel profondo di noi dove c’è e vive il mistero di Dio.»
La sua riflessione proseguiva infatti: «Il rientrare dentro di sé, è per poi ritrovare questo senso grande nel quotidiano della nostra vita. Gesù stesso dice: voi siete sale, siete lievito, siete luce (cfr. Mt 5,13-16); quando voi avete ritrovato voi stessi, avete il baricentro dentro di voi, cioè il punto di consistenza che è nella profondità dell’uomo, allora il vostro agire non sarà più un agire dispersivo, frantumato, perché il vostro agire diventa l’irradiazione del vostro essere profondo. Questo è il vero agire: è un’irradiazione dell’essere profondo, non un fare staccato dall’essere; è il tuo essere che qualifica la tua azione. Infatti, dieci azioni uguali, fatte da dieci persone diverse, possono assumere dieci significati diversi. L’azione vera ha una sua unità nelle cose che tu fai, perché sono valori in se stessi, al di là del successo o dell’insuccesso, al di là anche di ogni finalità.»
Nel definire cosa sono i valori per un cristiano, don Michele diceva: «Nella visione cristiana, Gesù è venuto a portare una proposta, che secondo me, è il cuore dell’Evangelo: un’esperienza di vita altissima, così alta che i discepoli si chiedono com’è possibile all’uomo. Gesù risponde che è impossibile all’uomo, ma non impossibile a Dio, perché Dio è il Signore dell’impossibile (cfr. Lc 18,26-27). Gesù propone questa interiorizzazione di Dio: questa è la proposta. Il cuore del cristianesimo è l’interiorizzazione dei “costumi" di Dio, del modo di pensare di Dio.
I valori per un cristiano hanno radice lì, in questo punto segreto da cui fluisce tutto. È dal di dentro – dice Gesù – dal cuore che vengono fuori tutte le cose, le cose alte e le cose basse; vale a dire la radice è dentro di noi. Tutto ciò che è estrinseco, che è esteriore, compresa l’immagine di Dio estrinseca all’uomo, non intima a noi più di noi stessi, non è nella linea evangelica, diventa idolatria. Anche Dio può diventare un idolo per l’uomo, tutto può diventare idolo.
Per quelli che non credono ho una cosa da dire sui valori; la dico anche a me stesso, perché io sono un credente incredulo e un incredulo credente, e siamo tutti così, credenti in cammino, perché le distinzioni non si tagliano. Per quelli che non hanno una fede trascendente, però hanno un’esigenza, questa vita non gli basta, io dico che il problema è sempre quello: rientra anche tu dentro di te, perché già Seneca diceva: “Scava dentro di te perché dentro di te è la sorgente di ogni bene", inesauribile e sempre nuova fin quando continuerai a scavare.»
A don Michele veniva poi posta una delle domande a cui oggi è più difficile rispondere: come possiamo fare per individuare i valori che devono guidare la nostra vita?
Rispondeva così: «Vogliamo prenderci un impegno con noi stessi per interrogarci sui valori che valgono? Cerchiamo di fare cose – io non so quali siano, sta a voi stabilirlo – che meritino di non morire. Se guardiamo alla nostra vita ci accorgiamo di quante cose devono morire, sennò impoveriscono noi stessi, l’uomo, la società, tutto: meritano di morire. Fare cose, dunque, che meritino di non morire e – aggiungeva un agnostico – se anche dovessero morire, almeno sia un’ingiustizia! Tu fai cose che meritino la vita eterna, poi vedremo se c’è o non c’è, comunque tu falle.
Direi ancora un’altra cosa, per quando c’interroghiamo sui valori seri, assoluti: quando io posso dire, di fronte a certi valori, sono talmente alti talmente belli, talmente puri che sono disposto a dare la vita perché questi valori siano veri e vivano nel mio cuore e nel cuore di tutti quelli che io amo. Badate che fate una setacciata di valori, anche religiosi! Restano pochi, ma di quelli potete dire che sono valori assoluti.»
Don Michele concludeva nel suo stile, con un pensiero tanto semplice quanto profondo, sintesi della sua persona: «Fare cose che meritano di non morire e saper morire per le cose che meritano di non morire: nella vita alla fine resta solo quello che vale e vale solo quello che resta.»
Documenti |
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Qual'è il centro della nostra vita?
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Dialogo con Padre Umberto Vivarelli e don Michele Do realizzato ad un campo della GiOC
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Il senso religioso nella nostra vita
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Documento della giornata di formazione per i militanti del Sud Piemonte sul senso religioso nella nostra vita. Contiene alcune riflessioni di Don Michele Do.
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Dal senso religioso alla fede cristiana
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Documento dell'uscita religiosa vissuta dai militanti del Sud Piemonte presso il Monastero Boschi. Contiene alcune riflessioni di Don Michele Do.
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Notizia inserita o aggiornata il 23/11/2005. Letta 4510 volte.
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